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Convegno “L’Italia e l’Europa di fronte ai problemi del Mediterraneo” – Roma, 9/10/23 – VIDEO

L’ITALIA E L’EUROPA DI FRONTE AI PROBLEMI DEL MEDITERRANEO
Dal sistema bipolare della guerra fredda al disordine internazionale del post-guerra fredda

L’attualità e l’urgenza di mettere in cantiere una azione politica all’altezza delle drammatiche conseguenze causate dal “Mediterraneo abbandonato a sé stesso” sono all’origine della promozione di questa riflessione collettiva – rigorosamente storico-critica – che si è svolta a Roma, presso la Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, nel corso della giornata di lunedì 9 ottobre 2023.

Costruita dalla Fondazione Socialismo e dalla rivista storica dei socialisti italiani Mondoperaio, con il contributo fondamentale del prof. Antonio Varsori, essa si è articolata nelle sue due fasi storiche essenziali: quella costruita negli anni ’80 e destinata a concludersi sommariamente con il giro di boa della fine della “Guerra fredda”; e quella dedicata agli ultimi tre decenni, con i preoccupanti problemi di assenza di azioni strategiche italiane ed europee che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti.

A conclusione delle relazioni e comunicazioni dedicate alla illustrazione di questa duplice problematica, l’intervento di Marco Minniti si è soffermato sulla lettura geopolitica dell’attuale situazione internazionale, focalizzando l’attenzione sul conflitto ucraino-russo e sui recentissimi tragici avvenimenti in Israele e Gaza e proponendo alcune di linee d’azione, utili a orientare una possibile iniziativa della nostra politica, italiana ed europea.

Sono intervenuti: Antonio Varsori (Università di Padova), Gennaro Acquaviva (Presidente Fondazione Socialismo), Cesare Pinelli (direttore Mondoperaio) Massimo Bucarelli (Università di Roma “La Sapienza”), Elena Calandri (Università di Padova), Maria Eleonora Guasconi (Università di Genova), Giuliano Garavini (Università Roma Tre), Marco Minniti (Presidente Fondazione Med-Or), Paolo Wulzer (Università di Napoli L’Orientale), Leila-el-Houssi (Università di Roma “La Sapienza”), Massimiliano Trentin (Università di Bologna), Simone Paoli (Università di Pisa), Francesco Saverio Leopardi (Università di Padova).

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Leggi la RECENSIONE di Carlo Marroni su: Il Sole 24Ore del 10/10/23


Medio Oriente, quando l’Italia tentò un piano di pace fra israeliani e palestinesi.
Il progetto di una federazione tra Giordania e Olp, rielaborazione del Piano Reagan del 1982

Servizio 

di Carlo Marroni
Il Sole24Ore del 10/10/2023

Il processo di pace in Medio Oriente per una soluzione del conflitto israelo-palestinese – processo che ha prodotto nel tempo quale risultato positivo provvisorio e molti fallimenti disastrosi, come dimostra il tragico attacco allo Stato di Israele parte di Hamas – ha sempre visto gli Usa come attore principale accanto a Israele. L’Europa è sempre stata quasi del tutto assente, a parte delle belle dichiarazioni di intenti ai molti vertici. Un solo stato europeo, nel corso dei decenni, ha portato avanti con convinzione un’iniziativa che è andata oltre le chiacchiere, e questo paese è stato l’Italia. In particolare nelle persone dell’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e del ministro degli Esteri, Giulio Andreotti. Da allora nulla più, anche per il radicale mutamento dello scenario geopolitico di riferimento.

Il Seminario di Fondazione Socialismo e Mondoperaio

Nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della “guerra del 7 ottobre” un seminario di studi su “l’Italia e l’Europa di fronte ai problemi del Mediterraneo” – organizzato da Fondazione Socialismo, presieduta da Gennaro Acquaviva, che fu uno dei più stretti collaboratori dell’allora premier, e da Mondoperaio – ha rimesso a fuoco il processo storico e l’apporto dell’Italia. In particolare tra i molti relatori Massimo Bucarelli professore alla Sapienza di Roma, ha ripercorso l’apporto del governo Craxi (1983-87) al processo di pace. Si ricorda soprattutto il caso della Achille Lauro e dei fatti di Sigonella, ma prima c’è molto di più. Si parte dal piano Reagan del 1982 per il Medio Oriente, in piena crisi del Libano, che vide l’invio dei primi contingenti di pace. Una fase che coincide con l’indebolimento dell’Olp, che lascia Beirut per Tunisi. Il piano prevedeva il ritiro di Israele dai territori occupati nel 1967, un periodo di 5 anni di auto-amministrazione palestinese e poi una unione federale con la Giordania (il “settembre nero” del 1970 quando i palestinesi erano stati espulsi dalla Giordania era ormai storia passata). Ma il piano non prevedeva uno stato palestinese, e neppure una formale partecipazione dell’Olp e di Yasser Arafat, che già da tempo la Lega Araba aveva sancito come legittimo rappresentante del popolo palestinese, ribadito al vertice di Fez in Marocco del settembre 1982.

L’Italia verso la presidente della Cee

Tuttavia in casa palestinese l’ipotesi imperniata sulla Giordania si fa strada, e al summit Olp del 1983 ad Algeri c’è un consenso, ma le fazioni più oltransiste palestinesi fanno la guerra interna. Arafat vede il presidente egiziano Mubarak, ci sono incontri in Giordania, le cose si muovono ma mancano sponde occidentali forti. L’Italia in quella fase sta per assumere la presidente di turno della Comunità europea, e a novembre 1984 Craxi vede Mubarak in particolare per questo dossier. L’obiettivo è coinvolgere “Abu Ammar” in un’ottica di dialogo con Israele e Usa: a Craxi questo ruolo di “ponte” con il mondo palestinese è congeniale, dopo la guerra dei Sei Giorni l’Italia ha una impostazione politica di fondo chiaramente filo-araba, e non più equidistante. Dopo il ’67 molte cose erano accadute: la guerra del Kippur e la prima devastante crisi petrolifera. Il nodo quindi dell’autodeterminazione si fa strada, fino al vertice europeo di Venezia del 1980, tanto che l’Olp in quella fase viene vista come una sorta di Comitato di Liberazione Nazionale. Un processo questo sempre sostenuto da Giulio Andreotti.

Il summit di Tunisi del 1984 e il “gesto eclatante”

Quindi il Piano Reagan in qualche modo viene ripreso nei suoi punti essenziali e riadattato allo scenario che coinvolge l’Olp. La saldatura avviene nell’incontro di Tunisi del 6 dicembre 1984, tra Craxi, Andreotti e Arafat, al quale viene chiesto un “gesto eclatante” per portare avanti in disegno: un riconoscimento reciproco con Israele, precondizione per un ritiro israeliano, e poi andare verso l’accordo con la Giordania. Craxi è consapevole che difficilmente si potrà ripresentare un’occasione di questo tipo (in realtà ci saranno, tutte regolarmente gettate via). Nel febbraio 1985 si arriva ad una intesa Olp-Giordania sulla volontà comune per uno sbocco politico per una federazione, anche se viene lasciato un certo margine di ambiguità sui due stati.

Il “no” di Israele al piano. Escalation di violenza 1985-86

Ora quindi è il turno di Israele. Nel febbraio 1985 il primo ministro Shimon Peres è in visita a Roma (la prima per un premier israeliano), che è a capo di un governo di unità nazionale laburisti-Likud, vice è Yitzhak Shamir. Ebbene alla proposta di Craxi-Andreotti, Peres dice che loro non sono d’accordo, che l’accordo con la Giordania è ambiguo, e la cosa di fatto salta. Del resto il periodo coincide una escalation terroristica in Israele, le forze aeree bombardano il quartier generale Olp a Tunisi, all’aeroporto di Fiumicino si consuma una strage dove muoiono 13 persone per mano della fazione estremista che faceva capo a Abu Nidal, attacco che avviene in parallelo con lo scalo di Vienna, c’è la nota vicenda della Achille Lauro dove viene assassinato il passeggero ebreo americano Leon Klinghoffer, nell’aprile 1986 gli Usa bombardano il quartiere generale di Gheddafi a Tripoli (che si salva grazie a Craxi, come noto), anche se in quel caso l’evento scatenante era in reazione all’attentato alla discoteca La Belle di Berlino Ovest di dieci giorni prima.

La vittoria del fronte del rifiuto

Insomma il “fronte del rifiuto”, le frange più estreme del movimento palestinese che allora avevano osteggiato Arafat rispetto ad un possibile accordo di pace (la storia via via si ripeterà nel corso degli anni) prevale e fa saltare ogni piano, un evento tra i tanti che segnano tutta la storia del Medio Oriente, anche prima della nascita dello stato di Israele. Fino ad arrivare ad oggi con l’attacco del 7 ottobre, chiaramente contro (anche) una possibile intesa Israele-Arabia Saudita, osteggiato in ogni modo dall’Iran, considerato il regista e il finanziatore dei fatti di questi giorni.

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