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Il compagno Gianni De Michelis ci ha lasciato – Interviste di Gennaro Acquaviva

Il compagno Gianni De Michelis ci ha lasciato. In questo momento che è di dolore per tutti noi, la Fondazione Socialismo lo ricorda con l’affetto fraterno che ha meritato ma anche con gratitudine per il tanto che ha fatto a sostegno degli ideali del Socialismo democratico e liberale con la sua grande ed intelligente azione politica, sempre tesa alla promozione e al sostegno del popolo italiano e della Nazione.
Riprendiamo l’intervista con cui lo ricorda il Presidente Gennaro Acquaviva sul quotidiano La Stampa . Acquaviva ha anche rilasciato l’11 maggio due interviste ai canali Rainews24 e Sky TG24.

 

Quando il governo Craxi dovette decidere se rompere con la Cgil sul taglio dei punti della scala mobile, De Michelis puntò sulla linea dura
Fabio Martini
12 maggio 2019

Articolo dell’edizione digitale – La Stampa

Intervista a Gennaro Acquaviva

Gennaro Acquaviva, lei era parte del ristretto e agguerrito gruppo dirigente socialista, che cambiò la storia politica italiana negli anni Ottanta: quale era il ruolo di De Michelis?
«Craxi, Amato, Martelli, Signorile erano dei freddi, che sapevano anche tacere, mentre lui aveva altre caratteristiche. Veniva da una famiglia valdese, era uno sgobbone, ottimo organizzatore, pieno di entusiasmo, studiava la notte tutti i dossier e la sue scrivanie nei ministeri ne erano sempre piene. E tutto questo fu decisivo in una delle più importanti battaglie politiche da lui vinte».

Quale?
«Il decreto di San Valentino sul taglio dei punti di contingenza. In quella occasione dimostrò tigna e coraggio, stette al tavolo delle trattative per 80 ore e quando Craxi tentennò, De Michelis con l’accordo di Pierre Carniti, spinse il presidente del Consiglio a rompere».

Craxi è passato alla storia come il vincitore di San Valentino: non andò esattamente così? De Michelis fu più determinante?
«A parte Berlinguer che costrinse Lama ad una posizione oltranzista, De Michelis spinse per tenere, ma nel prendere la decisione finale concorsero due personaggi: Craxi e Agnelli. In quella occasione determinante fu anche l’Avvocato, che nella notte decisiva arrivò da Torino e, spiazzando lo stesso Romiti, votò per il testo a favore del testo. Craxi si prese la responsabilità della decisione finale, lo adottò e i comunisti lo sfidarono nel referendum. Craxi, col suo coraggio, annunciò: se perdiamo il referendum, mi dimetto. Il referendum lo persero i comunisti, che l’ avevano promosso».

De Michelis era parte di un gruppo dirigente di “antipatici”, non cercavate il consenso facile a tutti costi: in questo eravamo diversi dai populisti di oggi?
«E’ vero. Perché ci sentivamo migliori e sapevamo di esserlo. Migliori dei comunisti, certo. Ma anche della Dc che dopo la scomparsa di Moro, era in crisi. E’ vero: quel gruppo dirigente non ebbe mai atteggiamenti populisti, non accarezzammo mai la “bestia”»

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